I corsi tradizionali sul salvamento si fossilizzano su una simulazione che nella realtà non esiste: il soccorritore, già pronto e pro-attivo ad entrare in acqua, si tuffa per recuperare una vittima che guarda caso si trova proprio dinanzi alla sua direzione, per poi trasportarla in pochi secondi proprio dove era partito. Ecco nella realtà questo scenario non avviene mai, lo sanno tutti, tranne forse gli istruttori di salvamento.
Partiamo dal solito presupposto che quando si tratta di soccorrere in acqua piatta, che sia piscina o mare calmo, tecnicamente c'è poco da fare ragionamenti (la vera salvezza in questi contesti la fanno la prevenzione e l'attività di sorveglianza), ma quando si tratta di soccorrere in mare formato, in presenza di onde e correnti, un po' di cose bisogna conoscerle, e soprattutto provarle.
Per poter parlare della corrente torna utile introdurre il concetto fisico di vettore, quello che graficamente viene rappresentato da una sorta di freccia.
Questo è definito da una direzione (orientamento della freccia), un verso (indicato dalla punta della freccia) e un modulo (intensità, rappresentata dalla lunghezza del segmento).
Nel momento in cui entriamo in acqua entrano in gioco due forze, e quindi due vettori: quello della nostra nuotata e quello della corrente.
Da qui bisogna considerare tre possibili casi:
Traiettoria a favore di corrente - In questo caso le forze si sommano, garantendo velocità e risparmio energetico. Per questo motivo in tutti i casi in cui l'azione in acqua è fornita dalle energie del nostro organismo (nuotata, pagaiata, remata) è necessario lavorare sempre a favore di corrente.
Traiettoria controcorrente - In questo caso le forze si contrastano, e generalmente quella della corrente non la si riesce a vincere con le proprie energie. Per questo motivo controcorrente si lavora soltanto con i mezzi a motore (moto d'acqua, rescue boat, propulsore elettrico) dove la fatica è demandata alla macchina e lavorare controcorrente permette maggiore sensibilità e controllo.
Traiettoria "di taglio" alla corrente - È il contesto più comune, come in presenza di una longshore current o di una rip current. In questo caso, per poter capire come si sommano due forze che non sono poste sulla stessa retta è necessario introdurre la "regola del parallelogramma".
Se nuoto (N) in una direzione e la corrente (C) mi spinge lateralmente, il risultato (R) finale sarà una diagonale, cui orientamento dipende naturalmente dall'intensità della mia nuotata e della corrente.
Ora introduco tre termini che tornano utili per esprimere i concetti di questo articolo:
entry point (EN), il punto in cui il soccorritore entra in acqua;
target (TA), il pericolante da raggiungere;
exit point (EX), il punto in cui il soccorritore estrae il pericolante dall'acqua.
Per scegliere il punto di ingresso in acqua, la prima strategia è considerare di ridurre quanto più possibile il tragitto a nuoto, correndo sulla battigia fino a trovarsi in direzione del pericolante, oppure, in altri contesti, valutando punti che possano agevolare questo aspetto (promontori, scogliere, moli).
Tuttavia, oltre a ciò, bisogna considerare la presenza di corrente laterale che si palesa quasi sempre lungo la costa quando il mare è formato. Paragonando questa a un fiume, è necessario porre l'EN "a monte" del TA, ossia in questo caso non bisogna entrare in direzione del pericolante, bensì sopraflutto, in modo da sfruttare la corrente per raggiungerlo.
Quanto "a monte" bisogna entrare? Dipende dall'intensità della corrente e soprattutto dalle attrezzature che impieghiamo: più sono ingombranti, più sono soggette alla deriva (spostamento dovuto alla corrente). Entrare con rescuetube e pinne non è la stessa cosa che intervenire con una rescueboard.
Una volta in acqua l'istinto ci porta a nuotare verso il pericolante, compiendo un errore che rischia di farci andare oltre, trovandoci poi a sfavore di corrente.
Bisogna sfruttare la regola del paralellogramma, e la risultante (R) ci deve portare sul TA!
Altra cose da tenere in considerazione è che il target può essere:
statico, ossia fisso in un punto, ad esempio aggrappato una boa;
dinamico, in balia della corrente.
Il primo caso può evolversi facilmente nel secondo caso (il pericolante viene trascinato via). In ogni caso la sua velocità di spostamento sarà comunque inferiore a quella del soccorritore che nuota in maniera attiva ed è equipaggiato di dotazioni galleggianti.
Una volta effettuato il contatto col pericolante, per tornare a riva (landing) vale lo stesso discorso. Questo significa che bisogna uscire sempre a favore di corrente, quindi continuando ancora nella direzione: per questo motivo, in un salvataggio rapido ed efficace, EN ed EX non coincidono. L'importante è tornare a riva il prima possibile, non tornare a riva nel punto in cui siamo partiti!
Naturalmente, anche per uscire da correnti di ritorno, è bene sfruttare la presenza di zone di secca che facilitano notevolmente l'estrazione fuori dall'acqua.
Una volta a secco tutto diventa più semplice, dallo spostare il pericolante al far pervenire le dotazioni per il primo soccorso. La regola numero uno resta sempre quella di uscire fuori dall'acqua, e tutte le nostre valutazioni strategiche devono far capo a questo mindset.
Leggere queste righe è già un passo avanti rispetto agli standard classici di formazione dove questi aspetti non vengono minimamente presi in considerazione. In ogni caso, informarsi resta fine a se stesso e per capire bene questi concetti bisogna provarli sulla propria pelle, andando in acqua col mare formato e in condizioni diverse, però garantendo sempre i giusti margini di sicurezza. Un occasione utile per provare queste esperienze ed approfondirle sono i workshop e i corsi di perfezionamento che organizzo per il personale già brevettato.
Concludo citando alcune parole di Stefano Tiozzi, allenatore di nuoto e professionista del salvamento, con una vasta esperienza nel nuoto in mare, anche in condizioni estreme:
"Faccio salvataggio, vi garantisco che la maggior parte dei bagnini, perfino quelli prestati dall’agonismo, se non sono davvero pratici di nuoto nella corrente manco riescono ad arrivare al punto dove c’è il pericolante, ma spesso si ritrovano la nel mezzo sena capire come hanno fatto a finire li, perché sono da soli e come fare a ritrovare il pericolante".
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