Quello acquatico è un ambiente da sempre legato alla vita dell'uomo. La civiltà umana per storia e cultura si è sviluppata in affinità con contesti marini, lacustri, fluviali, e bacini artificiali, basti pensare soltanto all'importanza della navigazione e della pesca.
Tuttavia, l'acqua da fonte della vita è stata, ed è tuttora, anche causa di eventi fatali, e le motivazioni che portano a rendere questo elemento causa di decessi sono diverse e correlate a tematiche di carattere tecnico, sociale e culturale (le statistiche sull'annegamento sono chiare).
Perché una persona annega?
Le cause soggettive-ambientali che portano all'annegamento possono essere raccolte in tre principali differenti categorie.
- Ritorno impedito: il soggetto è capace di nuotare, però non riesce ad uscire dall'acqua per una motivazione esterna che glielo impedisce. In questi casi è evidente la situazione di pericolo, tuttavia, anche qualora fossero presenti astanti o soccorritori l'intervento tecnico potrebbe essere complesso. Di seguito alcuni esempi: - onde e correnti che impediscono il rientro in mare; - incidenti in ambito fluviale (incastro da piede, rullo, sifone, ecc); - incidente sott'acqua nell'ambito della subacquea o dell'apnea; - naufragio a notevole distanza da una zona sicura.
La prevenzione si effettua educando la cittadinanza, anche attraverso programmi scolastici, su quelli che sono i rischi legati agli ambienti acquatici e sulle norme per una balneazione corretta e sicura; inoltre è importante che gli addetti al salvamento compiano un'efficace attività di sorveglianza e che i bagnanti seguano le loro indicazioni.
L'intervento di soccorso non può essere improvvisato e richiede un'adeguata preparazione fisica e tecnica, l'impiego di attrezzature e dispositivi di protezione individuale, protocolli corretti e lavoro di squadra.
- Inabilità al nuoto: il soggetto è incapace di galleggiare e finisce per qualche motivo in acqua fonda. In questi casi, soprattutto se si tratta di bambini, l'annegamento è silenzioso; la vittima non è in grado di segnalare il pericolo, ma annaspa sull'acqua e le vie aeree non emergono per un tempo adeguato per poter tossire, inspirare e usare anche la fonetica per richiamare l'attenzione. Anche l'atto di "sbracciare" è un mito legato a cinema e racconti. Un soggetto che non sa nuotare non è in grado di spostarti orizzontalmente in acqua e pertanto è capace di annegare anche a pochi metri di distanza da una zona di acqua bassa o dal bordo vasca. Di seguito alcuni esempi: - caduta accidentale in acqua da barca, bordo vasca, argine, ecc; - rottura del supporto galleggiante (braccioli, materassino) o naufragio; - bagnante che nuoticchiando a cagnolino finisce dove non tocca; - bimbo piccolo che inciampa nella piscinetta gonfiabile. La prevenzione in questi casi si svolge educando la popolazione all'importanza della scuola-nuoto, quale deve essere vista in primis come un luogo dove acquisire un'abilità motoria essenziale all'autoprotezione dell'individuo e soltanto in un secondo momento come oggetto di competizione sportiva.
L'intervento di soccorso è quasi sempre semplice, infatti non è difficile soccorrere un pericolante in acqua piatta, ma è difficile rendersi conto in tempo della persona che sta annegando.
- Malore in acqua : il soggetto si trova a perdere coscienza in ambiente acquatico, condizione che non differisce dalle capacità natatorie e dalla profondità dell'acqua. Di seguito alcuni esempi: - sincope; - arresto cardiorespiratorio; - incidente di tipo traumatico. La prevenzione si effettua rispettando le regole di sicurezza legate al nuoto in acque libere (sistema di coppia, supporto galleggiante, non distante dalla costa e in area sorvegliata); è importante inoltre sottoporsi ad un'adeguata visita medica prima di svolgere attività che impegni il proprio organismo, soprattutto man mano che l'età inizia ad avanzare.
L'intervento in questi casi deve essere precoce poiché il paziente richiede quanto prima il supporto vitale con le manovre di rianimazione cardiopolmonare; le possibilità di successo sono basse proprio perché le evidenze scientifiche dimostrano che sarebbe necessario completare l'estrazione entro pochissimi minuti dall'inizio dell'evento, cosa difficile proprio perché questi tempi vengono oltrepassati già al momento in cui viene dato l'allarme.
Rispetto ai tempi, e quindi alla gravità, con cui viene soccorsa la vittima generalmente vengono effettuate due distinzioni.
Il pre-annegamento è l'atto iniziale del processo in cui il soggetto comincia ad inalare o ingoiare il liquido, condizione che potrebbe in ogni caso già portare a diverse e gravi lesioni che possono residuare.
L’annegamento vero e proprio concerne una catena di passaggi fisiopatologici, seppur non è detto che porti l'esito finale sia il decesso (fatal drowning o non-fatal drowning), infatti, così come l’arresto cardiaco, può o meno condurre a morte senza che questo determini differenze nel nome
Psicologia dell'annegamento
Solitamente quando un paziente annega si verificano in quest’ordine le seguenti fasi:
immaturità - il soggetto ignora di trovarsi in una situazione di pericolo poiché non ha avuto fino ad allora problemi legati ai contesti acquatici (stadio iniziale per i casi di "ritorno impedito");
disorientamento - il soggetto si rende conto di trovarsi in una condizione anomala di pericolo e attiva i suoi istinti per uscirne fuori;
stato di difficoltà - le condizioni non permettono alla persona di respirare in maniera naturale, comportando un forte stato di agitazione (stadio iniziale per i casi di "inabilità al nuoto");
panico - inizia la catena di eventi fisiopatologici che portano progressivamente verso la perdita di coscienza;
sommersione - l'arresto delle funzioni vita rende il corpo inerme, con le vie aeree ostruite dal liquido (stadio iniziale per i casi di "malore in acqua").
A questo punto iniziano le manifestazioni cliniche che possono portare, se l’annegamento si protrae nel tempo, al decesso del paziente.
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