Head-High, Head-On, Head-Up, Tarzan Drill, Approach Stroke, comunque la si voglia chiamare la nuotata di avvicinamento è un pilastro nelle tecniche del soccorso acquatico. Il capo deve restare fuori dall'acqua, e fin qui lo abbiamo capito tutti. Ad ogni modo ci sono tanti particolari da curare, al fine di garantire una nuotata efficace durante un salvataggio tra le onde.
1) RESPIRAZIONE E ASSETTO
Il fatto che la testa resti emersa non deve far credere che tu possa respirare in maniera naturale e libera, come e quanto ti pare. Il moto ondoso stabilisce i tempi ai quali il tuo affaticamento deve sottostare.
Mi è capitato di vedere spesso questa scena in piscina, durante i corsi di salvamento: l'allievo ruota la testa a destra e sinistra, assecondando le bracciate, e l'istruttore gli urla dietro "Guarda avanti! Guarda avanti!".
Ecco, in questi casi l'istruttore non ha capito che l'allievo non ha dimenticato la richiesta dello sguardo fisso avanti, bensì lo sventurato non ha abbastanza acquaticità per gestire la respirazione in mezzo agli schizzi e all'acqua che gli inonda il volto. Figuriamoci cosa potrebbe fare in un salvataggio, in mezzo alle onde.
L'indicazione da fornire in questo caso non è di guardare avanti, ma di fare un passo indietro ed andare ad apprendere la respirazione acquatica, il primo step della scuola nuoto.
Per questo motivo, nonostante la nuotata richieda "testa alta", resta comunque il prerequisito di saper nuotare bene anche il crawl tradizionale (front crawl). Altrimenti sarà grande discomfort, cosa che diventa pericolosa in acque libere.
Finanche con la testa alta devi, in ogni caso, dare dei ritmi consapevoli al tuo respiro, con la capacità di modificarli istantaneamente in base ai tempi che il mare ti concede.
2) BATTUTA DI GAMBE
Nuotando con la testa fuori dall'acqua, le gambe tenderanno ad affondare, motivo per cui è necessario inserire una forte battuta di gambe (6 colpi per ciclo di bracciata).
In un salvataggio la nuotata è breve ed aggressiva, non è nuoto di fondo!
Se lo stai pensando, ti anticipo che nuotare in stile trudgen (con gambata rana) non è sempre fattibile in tutte le condizioni ambientali: l'area dei frangenti non è la piscina!
3) BRACCIATA
Forse avrai sentito il tuo istruttore urlare anche "Distendi bene il braccio! Allunga la bracciata!". Anche qui c'è da ridire.
Le esigenze tecniche del salvataggio in un contesto reale sono totalmente diverse da quelle del mondo sportivo.
Nell'area dei frangenti la bracciata deve essere corta e possente perché deve evitare il rollio, ossia l'oscillazione del corpo lungo l'asse longitudinale, affinché sia mantenuto un assetto costante che favorisca il contatto visivo con il target e la consapevolezza di come ci stiamo muovendo.
Se volessimo compararla ad un gesto sportivo, la bracciata è più simile a quella del pallanuotista che a quella del nuotatore.
4) ANDATURA
Un'altra cosa che ti avrà probabilmente detto il tuo istruttore è "Nuota lentamente all'andata, conserva le energie, perché c'è da fare il ritorno con la fatica aggiunta del pericolante che dovrai trasportare!". Anche su questa nozione non mi sono mai trovato d'accordo.
Chiariamo due concetti.
Il primo è che quando sei tra i frangenti non puoi nuotare lentamente e costantemente come se fossi in acqua piatta; devi lavorare a favore di corrente, anticipandola, e sfruttando i momenti giusti, tra un onda e l'altra, per scattare verso il target.
Il secondo è che la cosa più importante in un salvataggio è arrivare sul target il prima possibile. Una volta lì, se il pericolante è cosciente, devi consegnargli un ausilio galleggiante su cui può poggiarsi e respirare; ci sarà tempo per ragionare su come rientrare, se attendere il supporto di altri colleghi, o valutare una strategia di non-rientro (soccorso via mare dagli enti preposti). Se il pericolante è privo di sensi, devi necessariamente raggiungerlo il prima possibile, sia perché c'è il rischio di perderlo, sia perché le linee guida sul BLSD sono chiare su quanto sia indispensabile la precocità.
Tirate le somme, c'è poco da fare: devi nuotare veloce nell'avvicinamento, quindi allenati.
5) CAPACITÀ DI ADATTAMENTO
Quando comincio a nuotare? Intendo dire, in piscina mi tuffo in acqua fonda e posso subito iniziare a nuotare, in acque libere quasi mai è così. Tutto cambia rispetto al tipo di ambiente dove presti servizio; durante una planata da una spiaggia a lento declivio ci sarà un tratto dove correrai, poi salterai, poi riuscirai a dare qualche bracciata, poi forse ti troverai su una sandbar e sarà nuovamente vantaggioso dare precedenza a schemi motori terrestri. Poi ci sono i frangenti, ci passi sopra? Sotto? Come mantieni il contatto visivo? E quando ti trovi nel cavo dell'onda? E la corrente?
Per questo è importante automatizzare una buona tecnica ed allenarsi a protrarla per i giusti tempi e intensità. Ma praticarla nel mare formato resta tutt'altra cosa, anche soltanto per l'aspetto psicologico.
Io lo chiamo nuoto-cross ed è un must tra gli esercizi che propongo nei miei workshop sul lifeguarding.
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